lunedì 12 maggio 2014

Socialità insociali

Sono una persona che crede molto ai social network, ed alla tecnologia in generale, sono figlio del mio tempo ed inoltre vedo sempre un enorme potenziale in ogni novità, anche se dapprima porta a dei problemi, o richiede cambi di paradigma non indifferenti.

Dopotutto è la vita stessa che richiede continui ricambi e continue modifiche di ciò che esiste attualmente: superare il passato, spesso anche mandando a quel paese i propri padri, è fondamentale per poter affermare se stessi ed iniziare un nuovo ciclo, perpetuando cosi ogni cosa in un eterno rinnovo, che a ben vedere è un ritorno.
Anche per questo mi ritengo progressista, ed i conservatori dei cultori della morte per la morte, ma sto divagando.
Tutto questo per dire che il mio alter ego di Facebook ha cessato di esistere momentaneamente, di cui queste riflessioni.
Facebook è un figlio bastardo del progresso di cui sopra, splendidamente riassunto nel meme del tizio degli anni '50 che arriva ai nostri giorni, e si sorprende per come, avendo lo scibile umano dentro ad un rettangolo di plastica perdiamo tempo a postare foto di gatti e litigare con sconosciuti.
Io che mi ritengo sensibile a questi temi, mi sento tirato in ballo: internet, per un entusiasta come me che lo ha visto nella fine della sua infanzia, lo ha sempre ritenuto una palestra per il cervello: avendo infatti scoperto i Newsgroup, i forum e il mondo dell'informatica "hardcore", son cresciuto in un ambiente fatto di continui scambi di informazione, pieno spesso di dibattiti accesi e di discussioni. Li ho imparato l'arte della retorica, l'applicazione della logica, lo scetticismo, ed anche ad ammettere la mia ignoranza di fronte a chi sapeva di saperne più di me (ovvero aveva più informazioni e le usava in modo coerente e logico).
Quando si è aperto Facebook, soppiantando quel grosso blob di musicisti falliti quale era MySpace, a me si è riaperto il mondo dei forum in tutta la sua bellezza e complessità, solo che a differenza dei forum c'era una elasticità ed un intreccio con la vita reale molto forte, al punto che sarebbe stato più facile, rispetto ai vecchi sistemi, fare nuove amicizie.
Beh, mi sbagliavo.
E di grosso.
Questa idea, applicata al reale utilizzo di quel social network, mi ha provocato molti travasi di bile, litigi con amici anche cari e soprattutto un'acidità da Guinness dei primati.
Perché?
Beh, quel sito essenzialmente non l'ho compreso, così come non ho compreso Debord.
Secondo Debord, ogni cosa che avviene dentro il mondo dello spettacolo è più vero del vero, è super-reale. Il fatto è che lo spettacolo non è ciò che comunemente si pensa, ma è tutto ciò (specialmente informazione) che viene fruita attraverso un intermediario artificiale. Ai suoi tempi parlava di cinema, radio e tv, ma oggigiorno internet funziona allo stesso modo.
Ne avevo già parlato tempo fa.
Facebook quindi è più reale della realtà: ciò che sei li (nel mio caso un rompiballe) è ciò che sei pure nella realtà (dove mi ritengo dannatamente moderato e conciliatore persino nelle idee da me più distanti). Il fatto è che su Facebook non puoi esser ciò che sei perché, avendo a che fare con un intermediatore unico, si viene invitati a dare risalto a solo uno dei propri lati, ignorando la complessità della persona e la multisfaccettatura che ha nelle diverse situazioni sociali e con vari tipi di interazioni.
E che tipo di persona bisogna essere sul social? Beh, essendo appunto quasi un gigantesco panocticon, il lato da vedere è esclusivamente quello "migliore", ovvero quello che credi che gli altri dovrebbero pensare di te.
Quindi abbiamo a che fare con una gigantesca vetrina, dove è possibile vedere il lato migliore, il vittimismo e la frustrazione, la propaganda, il successo e la patetica vanagloria.
Insomma, una merda.
Ed io, non avendola capita e vista come vetrina, ho agito come un desideroso di confronti, dibattiti e informazioni, che davanti ad una vetrina, messo esso stesso in vetrina, può risultare come un precisino rompiballe, sempre pronto a sottolineare i difetti altrui, eterno lamento, la confusione tra la distruzione e la costruzione per crescere ed imparare e quella per il puro gusto di farlo.
Me ne sono reso conto, ma non è facile cambiare mentalità, a me non piacciono le vetrine, non riuscirei ad apprezzare troppo a lungo di mostrare il mio lato migliore, perché sono anche quello peggiore.
Preferisco cercare altri lidi, per ora, per non avere il fiato sul collo del giudizio altrui.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.