Lugano, Svizzera.
Il lungolago sembra la versione lacustre del Lido di
Venezia, quel mix fortunato di Liberty (troppo, troppo) e pieno orgasmo
edilizio anni '50, e ricorda quella vecchia impellicciata che quando
guardi in foto la sua gioventù ti rendi conto della gran bellezza che
portava, ma adesso la ritrovi solo come il ricordo di se stessa, una
cartolina sul tempo passato. Una GILF architettonica Insomma.
Il
centro invece è particolare, pezzi perfettamente incastrati fra loro,
con una falsa discontinuità, dove vedi spuntare la chiesa medievale
circondata dagli uffici modernissimi, i bar chic ammiccano ai pub dei
ragazzini, proponendo le stesse cose, mentre gloriose, quasi ad
effettuare una strana scala di colori, spuntano case o finto romaniche, o
barocchissime, o neoclassiche.
Tutto è bello, perfettino, calcolato.
Nella costa spuntano, nella piena persa coscienza dei nostri anni,
obbrobri in costruzione, ridicoli come il Principato di Monaco
(inquietante la somiglianza), dettati da un piano regolatore ispirato
all'abusivismo edilizio.
Ma ogni strada, ogni costruzione, puzza di
banche, mercati, borghesi, in una epopea di tranquillità e pace quasi
innaturale, un oceano di hippie benpensanti, e alla fine ti accorgi che
questa città ti urla in faccia, ridendo, che non ha mai visto una
guerra. Ed è una risata nevrotica.
Devo tornarci.